La conversazione di Gesù con la Samaritana illustra perfettamente quanto egli si impegni per liberarci delle nostre paure, per suscitare e dispiegare il nostro desiderio profondo. È facile indovinare le paure della Samaritana. Paura di incontrare uomini: ha avuto cinque mariti e quello con cui abita non è suo marito. Si reca al pozzo a mezzogiorno, l’ora in cui il sole brucia, certa di non trovarvi uomini a quell’ora. Poi paura di Dio. Vuole conformarsi alla sua volontà, ma qual è la sua volontà? Dove la si può conoscere? Ecco che a mezzogiorno Gesù è là, seduto vicino al pozzo, stanco per la strada percorsa. Le chiede di dargli da bere. Di fronte alla meraviglia che la donna esprime nel vedere un Giudeo avviare una conversazione con una Samaritana, Gesù le dice: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4,10). È il primo tentativo di Gesù di liberare la Samaritana dalla paura di Dio. Dio, le fa comprendere, è colui che ti prega, ti rivolge una preghiera, ti chiede di accogliere il dono di se stesso. La religione che lei ha conosciuto è una religione in cui tutto inizia con delle esigenze, alle quali è necessario conformarsi, per ricevere il dono della ricompensa promessa. Gesù vuole farle comprendere, e attraverso di lei far comprendere a ciascuno di noi, che la vera religione inizia con il dono, che sollecita l’accoglienza, e che non comporta altra esigenza oltre la fedeltà all’accoglienza del dono di Dio. La Samaritana percepisce che quanto Gesù le dice si rivolge a ciò che c’è di più profondo in lei. Fa quello che tutti noi facciamo spesso: cerca delle scappatoie. Per resistere alla proposta di Gesù, ricorre al buon senso: il pozzo è profondo, non hai un secchio, come potresti darmi da bere? Ma Gesù insiste: «Chiunque beve di questa acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno. Anzi, l‘acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna» (Gv 4,13-14). Nella proposta di Gesù, la Samaritana intravede la possibilità di soddisfare a buon mercato un bisogno quotidiano: dell’acqua fresca, una sorgente, senza più la necessità di correre al pozzo. «Dammi di quest’acqua», dice a Gesù. Tuttavia quello che Gesù propone non è qualcosa da consumare, ma la presenza di qualcuno con cui comunicare. Ecco perché deve far passare la Samaritana dal bisogno al desiderio. Per questo la invita a chiamare suo marito, evocando con questo escamotage, senza rimproveri, né giudizi, né condanna da parte sua, la vita movimentata della sua interlocutrice. Egli la guida a scoprire ciò che lei stessa cerca: qualcuno che la comprenda, che non l’accusi, che non la respinga, qualcuno che le dia un segno che Dio non è un oggetto al di fuori di noi, da adorare sul monte Garizim o a Gerusalemme, ma un dio il cui santuario si trova al contrario nella parte più intima del nostro essere, là dove si fa conoscere come la Vita della nostra vita, il Cuore del nostro cuore, la Sorgente di ogni amore.
Benoit Garceau