Un buon discernimento esige un fine appropriato e dei mezzi giusti per realizzarlo. La prudenza è una virtù che chiede la sapienza di lasciarsi consigliare, di educare il desiderio e la forza di decidere. Comprendiamo così come mai proprio san Tommaso immagini la prudenza come l’auriga di tutte le virtù, cioè il cocchiere, colui che tiene le briglie e conduce con equilibrio e determinazione la biga verso la mèta che deve raggiungere.
Paul Claudel la definiva come la «prua intelligente del nostro essere», guida delle altre virtù e bussola del nostro spirito: essa cresce in chi la pratica, diventando così un compito e una vera e propria sfida per l’uomo che vuole camminare sulla via di un perfezionamento interiore, la via della sapienza, la via della pace. Le immagini rimandano alla metafora del viaggio che, da sempre, definisce l’identità dell’uomo; un uomo che, in questo tempo, soffre perché si sente spesso bloccato sulla strada che vorrebbe riconoscere come propria e che desidererebbe percorrere con scioltezza e determinazione, mentre, soprattutto se è giovane, deve misurarsi con la confusione che riscontra dentro si sé e attorno a sé. Deve sostenere l’incertezza che genera affanno e ansia, la fragilità e la breve durata di una scelta raggiunta che conduce a una vita frammentata e insoddisfatta.
Di contro, affiora il tentativo di trasformare questo disagio in virtù, per cui l’abilità di una persona diventa quella di districarsi tra la molteplicità delle opportunità di scelta, passando dall’una all’altra a seconda della convenienza più che della bontà. Accanto a questo si cerca di far diventare virtù la precarietà al posto della definitività, la flessibilità più che la coerenza; così che l’esercizio del discernimento si concentra più sulla gestione della complessità del presente che non sulla prospettiva lungimirante orientata al domani.
Bortolo Uberti
(Tratto da: B. Uberti, Vi ho dato un esempio. Prudenza Giustizia Fortezza Temperanza)