Nel periodo di lockdown e con le librerie chiuse per decreto il volume O mia bèla Madunina. Il coraggio della speranza in tempo di pandemia è stato messo a disposizione in formato pdf (scaricabile gratuitamente).
Ora con la riapertura delle librerie e l’inizio della “fase 2” abbiamo deciso di editare il volume:
- O mia bèla Madunina. Il coraggio della speranza in tempo di pandemia (Centro Ambrosiano, pagine 128, Euro 7,00) sarà disponibile dal 15 maggio p.v.
Pubblichiamo l’introduzione di Giacomo Poretti all’ebook O mia bèla Madunina. Il coraggio della speranza in tempo di pandemia, a cura di Annamaria Braccini, in coedizione Avvenire e Centro Ambrosiano.
Il volume raccoglie i testi (omelie, interventi e messaggi) dell’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, in queste settimane di emergenza sanitaria. La prefazione è di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire.
È una impresa improba e anche pericolosa introdurre gli scritti e le riflessioni di un vescovo, anzi di un arcivescovo, l’arcivescovo di Milano. In questo periodo, poi, dove anche chi è stato zitto per tutta la vita ora ha sentenze, domande, imprecazioni, soluzioni e lamentele da dire o da scrivere…
I famosi social, quelli criticati, osteggiati e demonizzati fino a qualche settimana fa, non solo si sono presi la rivincita, ma addirittura pare che, altezzosamente, ci stiano facendo notare che ci stanno salvando la vita: ogni giorno nasce una piattaforma nuova di videochiamate o call conference, la scuola si fa online, il lavoro è solo del tipo smart working, quando le code sono interminabili la spesa si fa con una App, la Messa e il Rosario su Zoom o You Tube, il mare lo si vede solo al computer: parole, parole, parole, parole, parole, parole.
Difficile sintonizzarsi sulle parole interessanti, necessarie, nutrienti, in questo oceano di rumori, eppure, inaspettatamente, sono rimasto colpito dalle parole dell’arcivescovo Delpini. Prima dallo stile. Un augurio in rima baciata per le scuole non lo avevo mai sentito fare da un vescovo: che originalità, che coraggio, che anticonformismo. Poi mi sono imbattuto in una omelia sul Vangelo degli amici di Betània, Marta, Maria e Lazzaro, e i semi che Gesù aveva regalato a loro: un apologo squisito creato di sana pianta per aiutarci a interpretare il significato della Luce necessaria. La storia della signora Giovanna prigioniera in casa per il virus che dalla disperazione parla ai muri, e i muri che le rispondono e le tengono compagnia. Il bellissimo messaggio letto in Fiera per commemorare i cento anni di quel luogo. Per non parlare delle riflessioni sempre originali e vitalizzanti sulla Quaresima e la Pasqua.
Ma quel che mi ha colpito maggiormente dell’arcivescovo è la sua capacità di immedesimazione nelle persone, l’intima simpatia che gli fa cogliere le domande e i dubbi di tutti, anche quelli più scabrosi e inconfessati; l’utilizzo dello stile, oserei dire teatrale, del suo parlare, la messa in scena di qualsiasi racconto, che si tratti della signora Giovanna, dei bambini delle elementari o delle donne che stanno sotto la Croce di Cristo: l’arcivescovo ha sempre bisogno di, non reinventare, ma di vivificare la scena, renderla presente qui e ora, e per fare ciò non esita a ricorrere agli apologhi, alle metafore, alla fantasia letteraria. E poi non si vergogna di pregare la Madonnina in dialetto proprio sul tetto del Duomo. Qualcuno ha scritto che con quel gesto ha laicizzato la Madonna, credo in realtà che abbia aperto generosamente la porta al Mistero, che, se ce lo fossimo scordati, è proprio sopra le teste dei milanesi.
Insomma, fatemelo dire, questo arcivescovo è anche un commediografo, e se non fosse che ora gli spettacoli non si possono fare, lo ingaggerei al mio teatro, il Teatro Oscar, e gli proporrei di scrivere una commedia, una commedia sul significato della pazienza. E poi diciamolo, finalmente, dopo decenni a guardare con il collo all’insù, finalmente un arcivescovo sotto il metro e sessantadue!