La chiesa domestica nel periodo del cristianesimo primitivo
Nel cristianesimo primitivo, la fede veniva vissuta soprattutto all’interno delle mura domestiche, da comunità formate non solo dai membri della famiglia, ma aperte ai credenti delle classi più povere che si incontravano nelle dimore dei cristiani più benestanti. Lì ci si confrontava con il messaggio di Gesù e si spezzava il pane insieme, celebrando quindi l’eucaristia. A presiedere allo spezzare del pane era il padrone di casa; in alcuni casi si trattava di donne, come ad esempio Lidia la commerciante di porpora, o Febe e Ninfa. La coppia Aquila e Priscilla aveva un laboratorio per la produzione di tende e metteva a disposizione la propria abitazione per le riunioni. In tutte le città c’erano chiese domestiche. Come queste vivessero, possiamo intuirlo dalla descrizione che ne fa Luca negli Atti: «Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano il cibo con letizia e semplicità di cuore» (Atti degli Apostoli 2,46). L’esegeta Hans-Josef Klauck descrive così queste prime comunità cristiane: «Secondo Luca, così si viveva in queste esemplari comunità domestiche dell’inizio: di insegnamento ed eucaristia».
Dove “insegnamento” non significa trasmissione di saperi, ma dialogo e confronto sulle parole di Gesù, per crescere sempre di più in lui e portare il suo spirito nel mondo. Attraverso lo scambio sugli insegnamenti di Gesù, i primi cristiani imparavano un nuovo stile di vita, che si irradiava anche al di fuori delle case, come scrive ancora Luca: «Lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo» (Atti degli Apostoli 2,47).
Anselm Grün