Fare casa. Giovani e vita comune

Appena si concluderà questo periodo ci sarà ancora più voglia e maggior bisogno di vita comune

25 Aprile 2021

Fresco di stampa il nuovo libro di don Samuele MarelliFare casaGiovani e vita comune (Centro Ambrosiano, pagine 352, euro 25), che segue, l’altra pubblicazione del settembre 2017 “Istantanee dall’oratorio”.

Un volume che è il compendio della sua tesi di licenza in teologia pastorale discussa con il professore Rossano Sala, ordinario di teologia pastorale e pastorale giovanile, nonché direttore della rivista “Note di pastorale giovanile”, segretario speciale al Sinodo dei giovani e consultore della segreteria generale del Sinodo dei vescovi.

Fare casa è l’approfondimento delle dinamiche giovanili e nel contempo il ripensamento della pastorale giovanile. La tesi di fondo del libro? Può sembrare paradossale l’uscita di un libro sulla vita in comune, in un momento come questo di isolamento, ma credo che appena si concluderà questo periodo ci sarà ancora più voglia e maggior bisogno di vita comune.

La tesi di fondo è sostenere questa esperienza che è un’esperienza antichissima nella chiesa che tuttavia negli ultimi decenni ha saputo reinventarsi da un punto di vista laicale. Da un punto di vista giovanile come strumento formidabile di pedagogia della fede. Vale la pena scegliere questo strumento convincente, avvincente per l’educazione dei giovani alla fede.

Cosa significa fare casa? Significa che l’educazione alla fede di un giovane passa attraverso l’esperienza della casa. La casa è anzitutto se stesso, quindi fare casa significa diventare adulti e in qualche modo approfondire il rapporto con se stessi. Fare casa vuol dire creare legami significativi con gli altri, ma anche introdurre una nuova esperienza di comunità e a una più matura esperienza di chiesa. Fare casa vuol dire anche aiutare i giovani a trovarsi a proprio agio nel mondo.

Il libro porta la prefazione dell’arcivescovo Mario Delpini che ha scritto, tra l’altro “che l’educazione è figlia della gioia, anche se preferisco parlare di proposta vocazionale piuttosto che di educazione, formazione, accompagnamento e altre parole simili che rientrano nell’area semantica della pastorale giovanile. In ogni caso, insisto nel dire che la proposta vocazionale viene dalla gioia. I programmi sono frutto di una ragione che calcola necessità, risorse, metodi: sono molto utili i programmi, ma temo che non bastino per educare”.

Nella sua lunga postfazione di don Rossano Sala, sostiene tra l’altro: “Sogno che ogni oratorio della diocesi di Milano offra esperienze di vita comune, così come sono proposte nella ricerca di don Marelli, proposte molto concrete e attuabili, proprio perché sono nate da esperienze vissute in prima persona o accompagnate da vicino. Sogno che questa non sia semplicemente la sensibilità o il pallino di don Samuele, ma che la questione della vita comune entro nella progettualità istituzionale della diocesi ambrosiana, tocchi il cuore dei parroci, conquisti i desideri dei giovani presbiteri, entri nel seminario come pratica presentata, valutata e rilanciata”.

 

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