Nel deserto per conoscere il cuore
Ogni volta che leggiamo il brano delle tentazioni all’inizio della Quaresima, è come se andassimo a cercarvi una luce per i nostri quaranta giorni. Ci rimane dentro, infatti, magari nell’angolino più sperduto del cuore, un desiderio di verità, di autenticità, di un ritorno all’essenziale; dopo tanto correre quotidiano, è come un chiedersi che cosa conta, che cosa sta prima e che cosa sta dopo, che cosa adorare e che cosa non adorare nella vita.
I quarant’anni nel deserto sono rimasti nel cuore degli ebrei. Ne hanno fatto anche una festa, la festa della capanna. E ogni anno nei giorni di Sukkoth, tutti a costruire, accanto alla casa, una tenda e vivere nei giorni di Sukkoth nella tenda, quasi un ritorno all’essenziale, a una condizione di libertà: il deserto era stato un cammino certo faticoso ma intenso verso la libertà.
Gli ebrei sanno, ma anche noi sappiamo che nel procedere degli anni, diventando da nomadi a sedentari, il rischio è quello di cedere ai condizionamenti, di cedere alla seduzione delle cose, del successo, del potere e ritrovarsi di nuovo schiavi di nuovi faraoni.
Rivivere il deserto della quaresima significa rivivere quelle tentazioni e quella fedeltà che hanno segnato i quarant’anni degli ebrei nel deserto, rivivere le tentazioni e la fedeltà che hanno segnato i quaranta giorni del Signore Gesù nel deserto, tentazioni e fedeltà che hanno segnato tutta la vita di Gesù. Matteo costruisce l’episodio delle tentazioni come un midrash, come un racconto sapienziale. E in questo racconto tutti noi andiamo scoprendo quali sono le tentazioni vere, quelle su cui misurarci.
La tentazione di sostituirlo con le cose: «Non di solo pane…». E cioè la tentazione di non distinguere tra bisogno – c’è bisogno di pane – e desiderio che va oltre il pane, oltre i bisogni. Non si vive di solo pane e cioè rispondiamo alla voce dei bisogni, ma riportando a quella – ecco la quaresima! – il desiderio e nutrendolo della Parola di Dio.
L’altra tentazione, quella del pinnacolo: le soluzioni miracolistiche! Le hanno sognate gli ebrei nel deserto, ma poi Dio insegnò loro che non esistono scorciatoie miracolistiche, occorre camminare con i piedi per terra, pazientemente, fedelmente. Non la magia, ma la fede in Dio.
E, ultima, la tentazione del potere: «Ti darò tutti i regni della terra». «Digiunare dalla volontà di potenza, di vanagloria, nel rispetto incondizionato dell’altro» (O. Clément).
È misurandoci su queste tre grandi tentazioni che noi verifichiamo se Dio per noi esiste o no, se gli altri per noi esistono o no. È nella prova di queste tre grandi tentazioni che si rivela che cosa veramente abbiamo nel cuore. Si è fatto un grande parlare in questi ultimi mesi sul penultimo versetto del «Padre nostro»: «Non ci indurre in tentazione». Ma se leggiamo bene, non c’è una qualche rassomiglianza nell’inizio del Vangelo delle tentazioni? «Fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo»: lo Spirito che conduce nella tentazione, sì perché si sveli ciò che veramente hai nel tuo cuore.
Angelo Casati